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20 ottobre 2015

IL GINKGO BILOBA RIPIGMENTA, E' PROVATO. MA NESSUNO APPROFONDISCE.



Continuiamo nella nostra paziente indagine per cercare di capire  quali sono le sostanze che potrebbero essere utili a restituirci un pò di quel colore che la "signora bianca" ci ha abilmente sottratto  e il perché della loro efficacia. Ecco, su questa domanda credo
che la Ricerca sia "leggermente" lacunosa. Non per colpa dei ricercatori ovviamente, quanto per un presunto, ragionato, umano e sostanziale disinteresse verso ogni cosa che non sia redditizia o che faccia cessare dei guadagni in corso. Ovviamente è un mio pensiero,  ma ragionevolmente,  osservando il mercato che si muove intorno alla nostra patologia, come attorno a qualsiasi altra malattia, viene difficile, mettendosi nei panni dei produttori, immaginare che qualcuno "folgorato sulla via di Damasco", si butti a capofitto sulla Ricerca per trovare una soluzione definitiva, annientando così i propri interessi. Il perché di tale prefazione lo capirete leggendo gli studi sul Ginkgo Biloba (cliccando sul nome potrete leggere una scheda con tutte le caratteristiche di questo elemento). Da specificare che la suddetta prefazione è valida anche per altre sostanze che vedremo successivamente. Orbene, nel maggio del 2003 dei ricercatori indiani pubblicarono uno studio in doppio cieco, controllato con placebo, nel corso del quale somministrarono 40 mg. di Ginkgo Biloba  tre volte al giorno a 26 pazienti con vitiligine. Lo studio durò 6 mesi con il risultato che in tutti i 26 pazienti la progressione della vitiligine si fermò. Dieci di loro si ripigmentarono completamente mentre negli atri  la ripigmentazione fu parziale.



Nel maggio di cinque anni dopo un ricercatore dell'Università di Toronto (Canada), il dottor Szczurko, insieme ad un collega, pubblicò uno studio di revisione di tutte le ricerche effettuate sull'azione delle sostanze naturali nei confronti della vitiligine. Tra gli studi con l'attendibilità più elevata si evidenziarono quelli condotti sul Ginkgo Biloba.



Evidentemente il dottor Szczurko rimase così affascinato dalla capacità del Ginkgo di ripigmentare in assenza di elio-sollecitazione (solare o con lampada) da intraprendere, insieme al proprio team,  un proprio studio di approfondimento  i cui risultati venivano pubblicati nel marzo 2011. 


Agli undici pazienti che completarono lo studio vennero somministrati per 3 mesi e per due volte al giorno 60 mg di Ginkgo Biloba. Nei pazienti con vitiligine attiva si registrava l'arresto della progressione, mentre il miglioramento medio si attestava intorno al 15% con due pazienti che presentavano una ripigmentazione superiore al 30%. e un paziente al 27%. Come dichiarato dagli autori dello studio le difformità con gli ottimi risultati ottenuti dai colleghi indiani nel 2003 risiedevano nella minore durata della sperimentazione (3 mesi contro 6) e nella differenza di somministrazione (2 volte al giorno contro 3). Tanto quanto basta per fare affermare che i risultati ottenuti con la somministrazione di Ginkgo Biloba risultano essere dose-dipendenti ovvero condizionati dalle modalità, dalle quantità e dalle caratteristiche del prodotto. In ogni caso un dato è emerso chiaramente: il Ginkgo può arrestare la progressione della malattia inducendo ripigmentazione. 

Nonostante queste premesse nessuno ha,  dalla pubblicazione di quello studio, effettuato un ulteriore approfondimento o avviato un serio programma di ricerca volto a comprendere quali delle componenti e con quali meccanismi il Ginkgo contribuisca ai risultati di cui sopra. Nessuno tranne i ricercatori cinesi del Third People's Hospital of Hangzhou, China che del Ginkgo Biloba hanno analizzato, in uno studio pubblicato a luglio di quest'anno, gli effetti di uno dei suoi componenti, la bilobalide, scoprendone l'attitudine a proteggere i melanociti umani dal danno ossidativo inibendo l'H2O2 (perossido di idrogeno che abbiamo già incontrato nei post precedenti) e sopprimendo la risposta autoimmune dei melanociti attraverso la riduzione del rilascio della proteina Hsp70. La stessa proteina alla cui mutazione la ricercatrice americana Caroline LePoole, della Loyola University di Chicago, attribuisce la vitiligine. 


Ma il Ginkgo Biloba contiene anche la Quercetina il cui meccanismo di funzionamento abbiamo visto si fonda sull'inibizione della chemochina infiammatoria CXCL10 devastante per il melanocita. E siccome penso che non si possa escludere che una cascata infiammatoria immunomediata possa portare alla mutazione di proteine o al rilascio di proteine tossiche, credo, da ignorante, che il Ginkgo esplichi la sua attività, in modalità abbiamo visto dose-dipendente,  agendo su diversi meccanismi di insulto verso il melanocita. 
A questo punto credo che tutti si stiano ponendo la domanda: ma se questa sostanza ha già prodotto risultati in studi rispettosi dei criteri di affidabilità richiesti dalla comunità scientifica internazionale, come mai non si approfondisce lo schema d'azione di ogni suo componente testandolo poi in trial sull'essere umano? Credo, presumendolo, che troverete la risposta all'inizio di questo articolo. Alla prossima. Domenico.  

9 commenti:

  1. Questa mi è assolutamente nuova!! Grazie Domenico! La penso come te, troppi interessi girano attorno alla nostra malattia!

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  2. Questa mi è assolutamente nuova!! Grazie Domenico! La penso come te, troppi interessi girano attorno alla nostra malattia!

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  3. gli interessi che girano attorno alla "sola vitiligine" sono enormi, se essa fa parte di una serie di malattie autoimmuni, immaginate il "danno" economico che possono avere tutti i medici, case farmaceutiche e quant'altro.
    sinceramente...non vedo l'ora! :-D

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  4. E soprattutto perché nessun medico lo usa come aiuto alle terapie attuali?! Secondo la tua idea funziona proprio perché contiene la quercetina o anche per altri motivi?

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  5. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  6. Ciao Dario, la domanda del perchè i medici non usino il Ginko come coadiuvante delle attuali terapie la dobbiamo necessariamente girare a loro. Per il funzionamento del Ginko, quanto meno come sostanza che negli studi ha dimostrato la capacità di bloccare la progressione (che già è tantissimo), credo che la percentuale di Quercetina contenuta sia insufficiente ad espletare tutto il suo potenziale quindi credo che nel Ginko vi siano più componenti utili a contrastare il danno al melanocita. Per esempio, ma è appunto un esempio, potrebbe darsi che la Quercetina attenui l'effetto delle chemochine infiammatorio ma essendo insufficiente non riesce a contrastare la mutazione che questa chemochina induce in delle proteine il cui effetto è arginato però dai terpeni o dal bilobalide.

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  7. Sì può utilizzare in associazione alle quercetina?

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  8. Con il nullaosta del tuo medico. Non mi risultano interazioni.










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