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20 novembre 2015

VITILIGINE.LE POMATE CHE NON FANNO MIRACOLI


Questo articolo trae spunto dalla domanda di un amico che attraverso il Blog mi ha chiesto se il funzionamento di cortisone,  tacrolimus (protopic) e picrolimus (elidel) potrebbe dipendere dalla soppressione della chemochina CXCL10. Partiamo da una premessa.
Nessuna delle tre sostanze è stata concepita per la lotta alla vitiligine. E non si tratta neanche di casi di serendipità (ovvero quando si sta utilizzando un farmaco per la cura di una patologia e si scopre che invece ne cura un'altra) poiché, per quanto mi riguarda,  gli effetti di questi tre principi sulla vitiligine non sono curativi in senso stretto in quanto parziali e transitori. Possiamo definirli prodotti adattati (off label) alla nostra patologia e sui quali all'origine dell'utilizzo ci fu il ragionamento dei ricercatori sulla probabile causa della vitiligine. Considerando che si ipotizzò trattarsi di una patologia autoimmune, con iperattività del sistema immunitario, venne impiegato dapprima il cortisone quale farmaco immunosoppressore. I risultati, a fronte dell'assenza totale di farmaci di contrasto alla vitiligine, furono classificati come soddisfacenti nonostante la loro temporaneità (parlo per esperienza personale) e gli effetti collaterali, per cui venne inserito per l'uso topico nelle linee guida fornite ai dermatologi. Da allora, ovvero da decenni, il cortisone rimane per la vitiligine il trattamento di prima scelta nell'armamentario del dermatologo. Per quanto riguarda la somministrazione orale di corticosteroidi, sicuramente più efficace della somministrazione topica,  questa è lasciata alla discrezionalità del medico dopo una valutazione rischi-benefici e sotto il suo costante monitoraggio. L'applicazione dei cortisoni alla nostra patologia avvenne, dicevamo, in forma sperimentale partendo dal presupposto dell'autoimmunità come causa. Per esperienza personale il clobetasolo propionato (in italia Clobesol) in crema, applicato con estrema perizia, ovvero fatto assorbire completamente (operazione che richiede una pazienza da amanuense), blocca la vitiligine, e con successiva esposizione al sole (assolutamente sconsigliata) ha causato su di me puntini di repigmentazione destinati però a scomparire dopo qualche tempo. Alla luce di tali prove credo che la percentuale di principio attivo che riesce a penetrare nella zona melanocitica sia funzionale a bloccare in maniera temporanea uno dei passaggi che conduce alla morte del melanocita. Non penso  ci sia nessuno che sappia in quale punto del processo di depigmentazione possa agire il cortisone consentendo poi all'elio stimolazione di creare il puntino di colore. Tuttavia se usiamo la logica,  analizzando il funzionamento del cortisone, comprendiamo che esso funziona su uno (o anche più di uno)  di quei punti di un meccanismo in cui, a mio modesto parere, ci sono elementi comuni al processo di depigmentazione. Mi spiego meglio: conoscendo lo schema di funzionamento del cortisone è nell'ambito di quello schema che si può trovare la causa, o parte della causa, della vitiligine. Semplicistico? Vediamo un pò. In più articoli di questo Blog abbiamo letto come il nuovo filone di ricerca superattenzionato in questo momento storico per la vitiligine, e da me ignobilmente semplificato, è il seguente: per qualche motivo sconosciuto l'interferone gamma INFy si infiltra nel tessuto deputato alla melanogenesi  e attraverso i linfociti T CD4+ CD8+ e altre cellule così dette NK (natural killer) inizia a secernere la chemochina infiammatoria CXCL10 che uccide il melanocita e la cui abnorme presenza a sua volta richiama, in maniera selettiva, attraverso un ricettore posto su ogni cellula T (CXCR3), altri linfociti Th1 all'interno del tessuto,  in un circolo vizioso che permette di mantenere la depigmentazione. Bene, il meccanismo di funzionamento del corticosteroide è assolutamente sovrapponibile a questa ipotesi essendo il suo operato, molto sinteticamente descritto come un'azione di inibizione dei meccanismi immunitari attraverso infiltrazioni di linfociti T helper nei tessuti colpiti, infiltrazioni scatenate da eventi esterni (agenti infettivi, allergeni, sostanze estranee)   e della loro abnorme produzione di citochine proinfiammatorie  Quindi nel caso della vitiligine quando ci spalmiamo il cortisone, quella parte di esso che riesce ad arrivare nella zona del melanocita disinnesca in qualche punto tale meccanismo distruttivo. Ma lo farebbe - sempre in base alla mia personale esperienza - in maniera parziale perché evidentemente: o l'insulto di questa azione linfocitaria è così specifico e potente che il corticosteroide topico non riesce in toto a modularlo o va a modulare solo un effetto di questo meccanismo, come potrebbe essere la soppressione temporanea dell'agente infiammatorio. La temporanea interruzione dell'infiammazione permetterebbe sotto stimolazione del sole o della lampada UVB la nascita del famoso puntino di repigmentazione. Va da se che il puntino di colore viene fuori anche senza spalmarsi di cortisone a condizione che il sistema immunitario sia in quel momento tranquillo e non infiltri nel tessuto melanocitico cellule T come quando è allarmato. Nell'ultimo decennio la Comunità Scientifica Internazionale ha inserito nelle linee guida due principi attivi, anch'essi immunosoppressori (inibitori di calcineurina), utilizzati nell'applicazione topica per il trattamento dell'eczema atopico. Analogamente al cortisone avendo mostrato qualche effetto sulla vitiligine si è pensato che potessero intervenire in qualche punto del meccanismo di cui sopra modulandolo e creando una certa repigmentazione. Pur valutando minori effetti collaterali di questi farmaci sulla pelle rispetto al cortisone topico, alcuni studi ne equiparano l'efficacia (1) (2) (3) nonostante la notevole differenza di costo. Per completezza di informazione bisogna specificare che per quanto riguarda il viso, sono questi due immunomodulatori i trattamenti di prima scelta (non potendo essere utilizzato il clobetasolo perchè di classe troppo potente) con una grande percentuale di successi quando abbinati alla fototerapia (4), anche se con risultati dalla permanenza non assicurata. Quanto sopra esposto rende l'idea di come personalmente mi senta vicino ai dermatologi che si trovano a gestire pazienti, magari con imponenti depigmentazioni, solo, in via principale,  con pomate e fototerapia. Fortunatamente in un numero sempre maggiore di casi i medici si stanno dando da fare per sperimentare nuove soluzioni ma, a fronte di un fermo totale e pluridecennale del mondo scientifico, questi appaiono come tentativi ardimentosi in mancanza di attrezzature, laboratori , banche dati, cavie e sopratutto fondi per testare le intuizioni. Alla luce delle considerazioni di cui sopra, tornando alla domanda iniziale, se il funzionamento di questi tre farmaci può essere legato alla inibizione della chemochina CXCL10 si può rispondere: forse si, probabilmente agendo per via indiretta ma sicuramente non con una azione così efficace come vorremmo. E ora un aggiornamento di studio: secondo alcune ricerche scovate negli archivi anche la vitamina B12 e i folati avrebbero capacità immunomodulanti. Addirittura una composizione di folati ha dimostrato di attenuare l'infiammazione nell'artrite reumatoide mentre la vitamina B12 riequilibrerebbe il rapporto tra linfociti CD4+ e CD8+.  Ne riparleremo. Alla prossima. Domenico


(1) Topico 0,05% clobetasolo propionato verso 1% pimecrolimus pomata nella vitiligine. Studio del 2005
(clicca qui per leggere la versione in inglese)

(2) Pimecrolimus (Elidel, SDZ ASM 981) - profilo farmacologico preclinico e selettività pelle. Studio del 2001
(clicca qui per leggere la versione in inglese)

(3) Uno studio in doppio cieco randomizzato tra 0,1% contro il 0,05% tacrolimus clobetasolo per il trattamento della vitiligine nell'infanzia.Studio del 2003
(clicca qui per la versione in inglese)

(4) L'efficacia del Pimecrolimus crema all'1%, più banda stretta ultravioletta B nel trattamento della vitiligine: un doppio cieco, studio clinico controllato con placebo.Studio del 2009
(clicca qui per leggere la versione in inglese)



9 commenti:

  1. Mai messo pomate "contro la Vitiligine" in vita mia!! Non credo, almeno per me, che sia la strada giusta!! Speriamo di trovarla e che magari sia proprio nella B12 e nell acido folico ! Un abbraccio Dome!

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  2. Ciao domenico,pero se non ricordo male in un tuo vecchio articolo consigliavi di monitorarsi costantemente e nel caso di nuove lesioni applicare clobesol o olux per almeno tre settimane per fermare la fase attiva o sbaglio?

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    1. Non sbagli. Il clobetasolo propionato come altri corticosteroidi topici sono in grado di arginare la depigmentazione ma dopo un periodo di necessaria sospensione del trattamento si ha in recidiva nella stessa area in una altissima percentuale. Di conseguenza, allo stato é il miglior trattamento di pronto soccorso ma se non c’é una buona terapia successiva la vitiligine si ripresenta.

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    2. Grazie,ma di buona terapia successiva a cosa ti riferisci?fototerapia,protocolli come il tuo o altro?un saluto

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    3. Per buona terapia successiva mi riferisco a qualcosa che ancora non c'é o se c' é la comunitá scientifica non lo considera per motivi che
      sono simili a quelli per i quali la ricerca é ferma

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  3. Ciao e sulla piperina che mi dici? ho letto che molti la usano, la useresti nel tuo protocollo?

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    1. Per quanto riguarda la piperina non la inserire nel mio personale protocollo perché si tratta di una sostanza che non conosco. So che la utizza un dermatologo di Pisa molto innovativo e aperto alla valutazione di nuove potenziali opzioni terapeutiche di supporto a quelle tradizionali ma non ne conosco le statistiche di successo quindi non sono in grado di formulare giudizi supportati dadati

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    2. Grazie, spero scriverai altri articoli a breve. Buona serata

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