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16 ottobre 2015

VITILIGINE E FENOLI. OMBRE DA FUGARE?





Oggi voglio rendervi partecipi di uno studio che sinceramente mi ha sempre incuriosito. Col passare del tempo l'ho messo in relazione ad alcuni elementi acquisiti nella lettura di altre ricerche e devo dire che più volte mi si è palesato qualche interrogativo. Mi rendo conto che questa è un'apertura decisamente vaga per un articolo ma andando avanti spero di essere un pò più concreto. Premetto che facendovi conoscere, qualora
non lo conosciate già, questa studio,  non voglio smentire quanto scritto nel post precedente dedicato all'alimentazione. La tavola, secondo me, continua a c'entrare poco,  a meno che non si abbiano intolleranze o allergie. Tuttavia non si può certo escludere (men che meno chi scrive) che alcuni elementi o composti possano in qualche modo provocare uno stato di maggiore sofferenza della situazione, per esempio con un aumento dei radicali liberi. Divago ulteriormente per poi tornare alla ricerca di cui vi sto raccontando. Quasi tutti,  leggendo le statistiche dell'incidenza della vitiligine nei vari Paesi del mondo,  si sono chiesti come mai in India la percentuale di sofferenti di questa patologia è doppia rispetto a qualsiasi altra nazione. L'ipotesi più plausibile nonché  verosimile è che vigendo in quel Paese l'usanza di sposarsi tra parenti, la predisposizione a contrarre la patologia si  è esponenzialmente elevata. Gli autori di questa ricerca invece affermano che la causa risiederebbe nell'alto consumo di fenoli e tannini (penso il riferimento sia sopratutto alle spezie consumate in quantità industriale in quel Paese). Ovviamente spero che abbiano voluto riferirsi ai soli soggetti già predisposti alla vitiligine perché in caso contrario, seguendo la teoria dell'alto consumo dei fenoli e dei tannini, quanto meno tutti gli indiani dovrebbero essere a pois.  Mah, devo dire che la tesi in sé sarebbe irrilevante considerato che la prima ipotesi è assolutamente molto più fondata sotto il profilo scientifico. Se non fosse... per un avvertimento che la ricercatrice tedesca Shallreuter , insieme ad altro ricercatore autore della lettera in argomento, e più volte nominata in alcuni post per essersi concentrata sul perossido di idrogeno quale causa da combattere con la sua pomata pseudo-catalase,  lanciò nel 2006.  Un appello destinato , secondo quanto si può leggere nella lettera stessa a tutti i medici che trattavano pazienti con vitiligine, affinché non usassero la curcumina (spezie iperdiffusa in India) perché, a suo dire, avrebbe potuto causare stress ossidativo e ostacolare la ripigmentazione. E lo ha fatto mostrando un report e delle foto. 


Arrivato a questo punto ho avuto sempre qualche "piccolo" dubbio. Innanzitutto per i pluririconosciuti effetti antiossidanti ed antinfiammatori della sostanza e in secondo luogo per la nota carenza di biodisponibilità della curcumina assunta per via alimentare. Test di laboratorio dimostrano che gli integratori di curcumina privi di biohenancer (veicolanti) come i fosfolipidi di soia, la bromelina ecc., sono scarsamente biodisponibili perché immediatamente assorbiti dall'intestino e non messi in circolo, figuriamoci la curcumina assunta direttamente dalle spezie. A meno che, ovviamente nel campo dell'immaginazione (mia),  la sinergia con qualche altra spezie o alimento che funge da veicolante non la rendano disponibile. Purtroppo, e qui ogni volta io mi arrabbio, questi ricercatori lanciano il sasso e nascondono la mano,  dove per mano intendo un approfondimento e una verifica seria di quanto affermato. Macché. Che io sappia, ma se conoscete altro sull'argomento coinvolgetemi subito, non esiste alcun altro studio in grado di toglierci questa piccola pulce dall'orecchio. Ovviamente non mi riferisco esclusivamente alla curcumina che ho preso ad esempio di fenolo solo per quella lettera della ricercatrice tedesca, ma a tutti i fenoli che ingurgitiamo e che lo studio che state per leggere indica come dannosi per il melanocita. Leggerete tra poco nello studio un elenco di alimenti e sostanze considerate nocive o benefiche. E qui salta all'occhio un altro elemento: il siero di latte rientrerebbe nella white list degli alimenti consigliati, gettando lo sconforto in chi come me ha abolito il latte da anni credendo nella tesi dell'allergia ( una vera fortuna non aver eliminato il parmigiano!). Poiché credo che le vie da battere nella ricerca della verità siano tante, ho scritto questo articolo anche come test per ognuno di voi,  alla ricerca di qualcuno che si possa identificare in quanto scritto nel seguente studio. I commenti sono aperti. Domenico. 


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UN ALTRO STUDIO SUI FENOLI

1 commento:

  1. trovo i tuoi articoli molto interessanti... grazie per il lavoro svolto

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