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7 ottobre 2015

LA VITILIGINE SI COMBATTE ANCHE A TAVOLA?



Possiamo fare qualcosa per la nostra vitiligine a tavola? Come potete notare sull'argomento ci hanno fatto pure dei libri. Sinceramente questo qui non l'ho letto ma mi riproporrò di farlo. Ho scelto questa immagine perchè mi sembrava la più rappresentativa di un argomento che implementa il nostro stato confusionale, stante il fatto che
di consigli dietetici dedicati a noi ne è piena la Rete. Peccato veramente che si contraddicano tra di loro. Vorrei partire dalla storia raccontata da ricercatori spagnoli nel 2011 di una ragazza sofferente di vitiligine cui era stata diagnosticata anche la celiachia. 

A seguito di una dieta necessariamente priva di glutine la ragazza ripigmentava le sue lesioni. Dunque, l'eliminazione del fattore infiammatorio scatenante ridava vita ai melanociti. Non conosco, ma vi prego di smentirmi con i vostri post, casi di privazione dal glutine correlati a ripigmentazione delle macchie in assenza di celiachia. La glutin sensitivity mi sà più di un mezzo per vendere il relativo test che di altro. D'altronde di sensibilità ne dovremmo avere verso ogni alimento stante le porcherie che ormai mettono ovunque. Avete visto la storia del pomodoro cinese pieno di pesticidi? Ce ne mangiamo a chili! Nè mi risulta che l'eliminazione di qualsiasi altro alimento abbia avuto risultati degni di nota sulla patologia in soggetti non allergici a quell'alimento. Naturalmente parlo di prove di privazione di alimenti senza alcun altro intervento che potrebbe inficiare il risultato della prova stessa. Mi spiego, se decidete di privarvi dei latticini e vi esponete per un mese al sole non sarà possibile sapere se un'eventuale ripigmentazione sia merito dell'elio-stimolazione o dell'eliminazione dei latticini. A condizione di abitudini invariate e in soggetti senza alcuna allergia l'alimentazione non dovrebbe giocare alcun ruolo. Personalmente per quattro mesi, immolandomi in un sacrificio enorme, non ho toccato alcun alimento che potesse contenere glutine. Risultato: un peggioramento. Certo, frutta e verdura sempre importanti ma togliamoci dalla testa che a tavola sia possibile mitigare un'infiammazione così imponente da far morire a vista d'occhio dei melanociti. Sopratutto per una questione di quantità dei principi attivi (qualora fossero quelli giusti)  che, se è vero che sono meglio veicolati da biohenancers naturalmente presenti nell'alimento, è anche vero che parliamo di quantità irrisorie rispetto alle dosi terapeutiche. Per focalizzare meglio l'eventuale correlazione su cibo e vitiligine in ognuno di noi forse potremmo ricorrere alla logica e tornare indietro nel tempo, alla data della comparsa della prima macchia. Cosa succedeva in quel periodo? Una forte delusione? Una preoccupazione o un impegno troppo grande per noi? Un lutto importante? La perdita di un'amore? Un incidente d'auto? Un trauma? Un cambio di città o di lavoro? Una malattia? Una gravidanza? Un perenne disagio adattativo? Una scottatura? E tutte queste cose cosa c'entrerebbero con l'alimentazione? Direi nulla. Piuttosto c'erano dei melanociti suscettibili a dei fattori (io dico infiammatori che hanno coinvolto una risposta immunitaria abnorme circolare dunque prodroma di altra infiammazione, unitamente a danni radicalici importanti) che un trauma fisico o psichico (ormai la correlazione stress e infiammazione è consolidata dalla ricerca) ha fatto scattare. Un interruttore difficile da spegnere ma che con l'alimentazione temo c'entri poco. Ovviamente se in quel periodo soffrivate di mal di pancia ogni volta che mangiavate un pezzo di pane o una pizza oppure vi veniva l'orticaria se bevevate del vino allora i termini cambiano e il terreno d'indagine diventa di natura allergica quindi alimento-correlata. Queste deduzioni restano, ovviamente, in attesa di essere smentite. Davanti a prove di tenore diverso le ipotesi sono sempre ricomponibili. La strada della verità ha sempre molti bivi. Buonanotte. Domenico

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